“Ragione e passione sono timone e vela della nostra anima navigante.”
K. Gibran

Cosa ci rende felici? Ciò che amiamo e sappiamo fare.
Ciò per cui ci sentiamo predisposti, allevia stanchezza, rende più sostenibili compromessi e negoziazioni soprattutto quando gestiamo ciò che non amiamo: questa é la risposta e la strada per una valida realizzazione e un concreto sviluppo professionale.

Ci sono storie che posso raccontare, storie che arrivano sedute sulla poltrona del mio studio. Storie di manager stanchi, di lavoratori rassegnati, di persone che a metà o dopo percorsi medio-lunghi professionali perdono il ‘senso’ di ciò che amano per fattori esterni oppure si chiedono se quello che hanno fatto fino a quel momento ha davvero mai avuto senso.
Sono storie di tanti, di molti che vivono in automatico rannicchiati in sicurezze reali o presunte pronti ad inghiottire tristezza ed insoddisfazione e a dimenticare le proprie ‘risorse’. Storie di molti ma che diventano di pochi quando finalmente comprendono che é possibile chiedere aiuto, alzare una cornetta, digitare una richiesta di supporto via email e che non c’è vergogna o diversità da dover tacere quando ci si sente insoddisfatti o smarriti professionalmente ma si sta solo esercitando un ‘diritto’ uno dei diritti più naturali dell’essere umano quello di poter essere felici anche nell’ambito professionale !

Qui comincia il mio viaggio con i pochi, un viaggio unico, sacro che dal riconoscimento delle proprie risorse e la comprensione di come utilizzarle al meglio diventa strategia d’azione, sperimentazione pratica e cambiamento.
Si parla molto di ‘cambiamento’ ultimamente e nella mia esperienza ormai quasi decennale nella relazione d’aiuto posso dire che il cambiamento interno diventa un uragano di cambiamenti esterni in grado di avvicinare la persona alla sua ‘felicità professionale e al suo modo di concepire una crescita di carriera‘.
Al termine del viaggio, fatto di solito di max. 6/8 incontri quelle storie incontrano nuovi finali e nuovi inizi; ci sono manager che imparano la fiducia verso i propri collaboratori, esodati che riprendono a lavorare in nuovi contesti anche diversi da quelli conosciuti fino a quel momento, quadri che diventano dirigenti grazie a modi e stili inediti di relazione e comunicazione e lavoratori che passano dall’azienda alla consulenza o all’imprenditoria mettendo a frutto il know-how acquisito da dipendenti.

Non parlo di sogni che diventano realtà, solo di persone che scelgono di dare ascolto al proprio disagio, alla stanchezza, alla frustrazione o altri campanelli d’allarme e nel chiedere aiuto con grande volontà e responsabilità gettano le basi di un nuovo e soddisfacente cammino professionale partendo dallo strumento più potente in loro possesso: se’ stessi.