“sono la pecora nera della mia famiglia”, “i miei genitori sono tutti laureati”, “non so cosa mi piace fare”, “lo studio non fa per me” e le etichette esistenziali scivolano tra noi, gli occhi bassi, i piedi che ticchettano sul pavimento. Il mio lavoro comincia da qui. Da questi incipit di smarrimento e confusione. La fascia d’età oscilla dai 13 anni ai 28, gli sguardi, le parole i discorsi si assomigliano anche se le motivazioni e le origini di tale smarrimento possono essere diverse , così come si somigli la difficoltà a definire un progetto professionale o formativo.
Genitori premurosi e preoccupati mi affidano i loro figli con il desiderio di aiutarli, dopo tante strade fatte di azioni e di poco “sentire” .
La società ci suggerisce ed impone di stare sul fare, ma tutti gli stimoli che riceviamo, le opportunità reali o presunte possono rappresentare un boomerang che blocca la consapevolezza e la comprensione di chi vogliamo diventare e su quale traiettoria intendiamo dare forma alle nostre capacità inespresse o non consapevolizzate.
La costruzione del progetto professionale e la costituzione della propria identità professionale partono dall’infanzia, meritano attenzione da parte del contesto familiare e scolastico, e spesso ancora oggi questo non avviene.
I Millenial che varcano la soglia del mio studio si muovono tra certezze esterne ed indefinizioni interne.
Gli step fondamentali del mio intervento sono:
-individuazione delle predisposizioni naturali;
– individuazione delle modalità di apprendimento;
– definizione di obiettivi specifici e strumenti di monitoraggio per facilitarne il raggiungimento;
– sviluppo di competenze decisionali;
Gli step enunciati corrispondono a 3 sessioni di 50mins ciascuna ma a volte in base al tempo interno della persona si possono dilatare o restringere. L’obiettivo si può definire raggiunto se le frasi iniziali si trasformano in : “voglio provare questa strada, e vedere che succede”, “ ora capisco cosa mi piace fare”, “ non credevo di avere queste risorse, voglio capire come utilizzarle al meglio”, “ mi sento più sereno nell’intraprendere questa nuova fase della mia vita all’università”, “ho le idee chiare ora, su cosa mi piace e cosa non mi piace”, “ ho capito quali aspetti che non utilizzo di me ed invece sono preziosi”.
Al termine, ci possono essere spazi di follow-up a capo di 3 o 6 mesi in base al tema iniziale ed al livello di confusione in atto al seguito dei quali arriva il giorno in cui, il display del mio cellulare si accende e leggo: “sto preparando la tesi, mi sono sbloccato”, “ho svolto tutti gli esami del trimestre e sto pensando in cosa specializzarmi, la tengo aggiornata se ha piacere J”, oppure “ ho fatto bene a intraprendere la strada della ristorazione amo il mio lavoro e non mi sento più in colpa”, mentre leggo e rispondo io stessa trovo il senso del mio lavoro e mi sento oltre che utile felice e motivata ad aggiungere nuovi giorni e nuovi percorsi.